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Fedez, lo sfogo pubblico contro gli hater: “Vi spacco il cul* conigli infami”

La rabbia e il durissimo sfogo di Fedez sui social dopo l’ennesimo augurio di morte al figlio di Leone

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Lo sfogo pubblico di Fedez sui social dopo l’ennesimo attacco d’odio nei confronti del figlio Leone

Fedez torna a metterci la faccia sui social di fronte alle ennesime minacce, all’ennesimo augurio di morte augurato a suo figlio Leone Lucia Ferragni nel breve raggio, dopo una denuncia già depositata dal rapper alla Polizia Postale: “Vi spacco quel cul* di merd*. Venite a dirmi queste cose in faccia“.

Lo sfogo e la rabbia di Fedez di fronte all’ennesimo insulto, l’ennesimo schifoso augurio di morte che ha colpito sui social il figlio Leone. L’ultimo, un nuovo attacco: “Auguro a Leone di beccare un tumore al polmone destro“. Fedez però non riesce più a trattenere la tristezza e la rabbia di fronte ad un odio che continua a colpire suo figlio e sempre a nome di “ignoti”, un odio che non ha un nome né un cognome. “Cari amici tanto lo so che vi state crogiolando perché avete augurato un tumore a un bambino di 5 anni – così Fedez, sfogandosi in video – Io voglio sapere chi siete. Io ho sempre messo la faccia sapete chi sono e dove abito, non mi nascondo dietro un nome falso, io mi assumo la responsabilità di quello che faccio. Voi non ed è giunta l’ora che lo facciate“.

“Voglio sapere chi siete. Venite ad augurare la morte a mio figlio in faccia”

E ancora, sempre Fedez che pretende di sapere chi si cela dietro questi attacchi: “Credete che non ci riesca? Io ve lo giuro sulle cose che ho più care, vi spacco il cul*, ve lo spacco quel cul* di merd* conigli infami che non siete altro. Pensate che non riuscirò a sapere chi siete? Non funziona così“. Poi l’invito rivolto proprio agli hater che non si firmano mai quando è il momento di mettere la faccia vicino all’odio: “A me non interessa denunciare, ditemelo voi, venite ad augurare la morte a mio figlio in faccia. Ditemelo in faccia, fate le cose da uomini che siete, accorciamo i tempi, venite sotto casa mia. Abbiate i coglion*, io sono qua“.

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