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MUSICA

Il cielo in una stanza, storia di una canzone: a chi la dedicò Gino Paoli

Una delle più poetiche canzoni leggere italiane, non priva di una storia personale alle sue spalle

Avatar di Emanuela Nizzari

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gino paoli il cielo in una stanza

Il cielo in una stanza di Gino Paoli: il capolavoro in musica interpretato da Mina

Era il 1960 quando Gino Paoli pubblicava il capolavoro de Il cielo in una stanza. Un brano (interpretato anche da Mina, che dopo averlo cantato avrebbe sfogato l’emozione nel pianto) che sarà da quel momento in avanti un punto di riferimento non solo per la musica leggera italiana, ma anche per la canzone d’autore.

Parole che diventano poesia, sostenute da una melodia che tocca il cuore. Eppure, come ogni canzone, anche Il cielo in una stanza nasconde e protegge al contempo, una storia. A raccontarla è stato proprio il suo autore, Gino Paoli, in occasione di un’intervista di anni fa per Che tempo che fa, ospite di Fazio.

‘Questo soffitto viola non esiste più’: il riferimento ad un bordello di Genova

L’amore cantato da Gino Paoli ne Il cielo in una stanza non è altro che la storia di un amore nei confronti di una prostituta. Non solo: quel famoso “soffitto viola” sarebbe proprio il soffitto di un bordello di Genova da cui l’autore pare sia rimasto piuttosto impressionato.

Tanto da scriverci una canzone: “Avevo trovato la tecnica per parlare dell’atto del fare l’amore che con le parole non si può descrivere, così ci ho girato intorno raccontando di come l’ambiente che mi circondava si trasformava sotto i miei occhi. E poi chi ha detto che non si può amare una prostituta? (…)”.

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