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L’abominevole fischio all’inno nazionale
L’editoriale di Roberto De Frede

Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici; si tratta dellโistante in cui la palla va a finire in rete: lโattimo del gol. Ogni gol รจ sempre unโinvenzione, รจ sempre una sovversione del codice: ogni gol รจ ineluttabilitร , folgorazione, stupore, irreversibilitร . Proprio come la parola poetica. Certo, non tutti sono dotati di un animo sensibile come Pasolini, ma come รจ possibile che alcuni (troppi ancora!) sono tanto abietti da vilipendere un altro momento sublime di lirica aulica, come quello dellโesecuzione dellโinno nazionale?
Lโinno nasconde nel suo nome la poesia piรน classica, quella greca antica, tanto รจ indicava una forma poetica della melica che, associata al canto e alla danza, invocava e pregava la divinitร celebrando le virtรน e le imprese degli dei. Ben lungi dal pensare di voler limitare la libertร di contestare, contesto con tutto me stesso la vile, ignobile e ottusa scelta dellโoggetto della contestazione! Come gli spettatori che occupano la platea, i palchi e i loggioni dei teatri, cosรฌ i tifosi hanno il diritto, avendo pagato il biglietto, di fischiare liberamente lโesibizione sportiva se non รจ di loro gradimento.
“Che nessuno osi fischiare l’inno nazionale”
Del resto i calciatori sono degli attori che recitano, anzichรฉ su una pedana di un teatro, sul prato verde di uno stadio, uno spettacolo destinato ad un pubblico di migliaia di infervorati che vi assistono dalle tribune, dagli spalti, dalle curve, con lโanima in sospeso. Ma che nessuno osi fischiare lโinno nazionale di qualsiasi popolo esso sia! Gli inni nazionali non fanno parte dello โspettacoloโ: sono sacre brezze che hanno avuto la forza di costituire i popoli come entitร capaci di esprimere la propria volontร giร prima che intervenissero le istituzioni destinate a rappresentarli. Per intenderci, il Canto degli Italiani del poeta e capitano dei bersaglieri Goffredo Mameli e del musicista Michele Novaro, che con l’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia rappresenta il simbolo dell’unificazione italiana, รจ nato sia prima del 17 marzo 1861, che della nostra Costituzione; la Marsigliese, composto nel 1792 da Rouget de lโIsle, ufficiale dellโesercito francese, che accompagnรฒ i rivoluzionari allโassalto delle Tuileries contro lโAncien Rรฉgime, ha anticipato di parecchi decenni la Francia repubblicana cosรฌ come sognata dopo la presa della Bastiglia; lโelettrizzante Brabanรงonne del Belgio, composta da Frans van Campenhout durante la rivoluzione del 1830, ha contribuito alla conquista dellโindipendenza dallโOlanda, avvenuta lโanno seguente. Di tali esempi la storia ne รจ ricamata.
I Campionati Europei di Calcio, prima volta โitinerantiโ, per dare probabilmente allโEuropa quel senso di unitร ancora lontano da realizzarsi, sono ormai nella fase piรน calda, le semifinali. Una manifestazione sportiva che mai come in questo momento storico dovrebbe raccontare la gioia di poter condividere con lโavversario non solo un evento ludico, ma anche la possibilitร di riassaporare la normalitร dopo diciotto mesi di โdistanze socialiโ. Ciononostante, purtroppo si odono ancora i cacofonici suoni allโattacco della banda musicale, come รจ successo nella partita Inghilterra-Germania, con i britannici โ proprio loro, quelli del God save the King/Queen, lโinno piรน antico composto nel 1745 โ a fischiare il teutonico Deutschland รผber alles. Lโessere spregevole, incivile e vile, nascosto tra la folla o dalla stessa impettito e rafforzato, fischia, usando quel particolare modo di atteggiare la bocca e la lingua, quale longa manus rumorosa per biasimare, disapprovare e oltraggiare, non solo i versi e la musica, ma ciรฒ che lโinno rappresenta. Quante emozioni racchiuse allโinterno di un campo di calcio, novanta minuti in cui uomini e donne, bambini e anziani si identificano nella propria squadra, quella patria. Bandiere, simboli, mascotte, e lโinno che diventa rappresentazione di un senso di appartenenza, un rituale e una simbologia che esprime โlโessere parte diโ.
L’inno nazionale: il popolo che parla al popolo
Nellโimmaginario collettivo, oltre alle gesta in campo dei propri beniamini, il momento topico resta per tutti, proprio quello dello schieramento marziale delle due squadre in campo, in attesa di emozionarsi su quelle note da brivido. La mano sul cuore, lo sguardo in alto, la mente alla storia a ricordare quando e perchรฉ quelle poesie musicali sono nate. Chi canta, chi ci prova. Quello dellโinno nazionale รจ un culto, il momento del ricordo che si fa prospettiva, del passato che suona come futuro, del popolo che parla al popolo. ร colonna sonora di vittorie, dolce sollievo per le sconfitte, richiamo allโunitร . E, al di lร di quello che suscita alla sua stessa gente, racconta di racconti, si porta dietro secoli di storia, porta avanti e mostra al mondo intero la propria idea di nazione e di patria.
L’inno identifica una nazione e costituisce una proiezione identitaria per il suo popolo. Sentirlo รจ un attimo di aggregazione, rispetto, orgoglio e onore; in quel minuto di canto e musica celebrativa ed esaltante si materializza lo spirito di puro patriottismo. Molti sono stati scritti da autori anonimi, da poveri soldati, senza troppe conoscenze poetiche e musicali, ma ciononostante, quasi per miracolo divino, possiedono vigore e slancio tali che tutti in quellโattimo nobile, ricordano con onore di far parte di un gruppo. Lโinno nazionale deve essere venerato, rispettato e applaudito: emblema e quintessenza di un popolo che spesso ha conquistato la libertร , di cui godiamo oggi, con la sofferenza e il sangue.
Signori spettatori, ricordate di essere prima di tutto cittadini del mondo, poi sportivi e leali, e infine tifosi della vostra squadra nazionale. Fischiate pure il rigorista avversario, – vi รจ concesso – lโarbitro distratto, lโallenatore incapace, il centravanti che fa cilecca, il portiere dalle papere faciliโฆ ma mai, mai piรน, la Storia dei Popoli.
