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MUSICA

Vasco Rossi ricorda il padre: “Portava i segni della prigionia nel lager”

Il cantante si lascia andare ad un lungo racconto della sua vita privata

Avatar di Marco Zoccali

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Vasco Rossi

รˆ un Vasco Rossi intimo, che mostra un lato di sรฉ poco conosciuto e che racconta una parte delicata, ma importantissima della sua vita. Il cantante lo fa attraverso un post su Instagram, pubblicato in occasione dell’anniversario di nascita del papร  Giovanni Carlo. Una foto di famiglia in bianco e nero, nella quale un piccolo Vasco sorride tra le braccia dei genitori, accompagnata da un lungo messaggio pieno di ricordi e riconoscenza nei confronti di chi lo ha cresciuto con amore e sacrifici.

Vasco Rossi ricorda la morte del padre Carlino

Vasco Rossi ricorda il papร  Carlo

“Era uno di poche parole, portava dentro indelebili i segni della prigionia in Germania, ma non ne ha mai parlato con noi a casa”. Inizia cosรฌ il racconto di Vasco, dedicato principalmente a papร  “Carlino”, uno tra i primi a supportare la passione del figlio per il canto. “Il mio papร , era lui che mi accompagnava alle varie manifestazioni dell’Usignolo d’Oro alle quali dovevo andare in qualitร  di vincitore e dove mi esibivo sul palco come la star”, un sostegno arrivato non senza sacrifici: La mia famiglia era modesta, si faceva anche fatica a finire il mese, ma a me non รจ mancato mai niente, mi bastava l’amore che respiravo nell’aria”.

“รˆ morto all’improvviso. Non ero pronto”

Il papร  di Vasco non ha fatto in tempo a vedere compiuto a pieno il percorso verso il successo del figlio, a causa della sua prematura scomparsa avvenuta nel 1979, che ha segnato il cantante per sempre: “La sua morte mi ha colto di sorpresa, non ero pronto. รˆ morto di un malore, aveva 56 anni. Per me รจ stato il primo grande dolore. Come cadere a terra bruscamente e rialzarmi improvvisamente adulto”.

Una mancanza forte, una presenza che รจ mancata a Vasco, ma che ha contribuito a renderlo ciรฒ che รจ oggi, nonostante le differenze caratteriali: “Mio padre era un camionista, aveva un camion suo, e girava l’Italia per prese e consegne. La sua filosofia sul camion era mantenere una velocitร  costante per arrivare dritti alla meta in tranquillitร  e sicurezza. A me invece piaceva ovviamente spingerlo, l’acceleratore”.

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