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MUSICA

Storia del Festival di Sanremo: 12 storiche canzoni, da potenziali insuccessi a grandi successi

Motivi ignorati o comunque poco votati dalle giurie, ma ben presto trasformatisi in grandi successi

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Michele Zarrillo Festival di Sanremo

Gli insuccessi che diventarono successi al Festival di Sanremo

Se andiamo a rivedere gli elenchi delle canzoni partecipanti alle varie edizioni del Festival di Sanremo, non mancano di certo i casi di motivi ignorati o comunque poco votati dalle giurie, ma ben presto trasformatisi in grandi successi, anche internazionali. Ve ne ricordiamo alcuni.

1959 – Per tutta la vita (Wilma De Angelis-Jula De Palma)

Il compositore emiliano Pino Spotti, scomparso a soli 41 anni nell’ottobre del 1958, aveva appena finito di lavorare a una canzone, Per tutta la vita, che la sorella Giusta non esita a inviare alle selezioni per il Festival del 1959. Il brano viene accettato ed è affidato a Wilma De Angelis e a Jula De Palma, ma non entra in finale. Poco male, perchè Tony Dallara lo riprenderà subito con successo e la giovane cantante statunitense Brenda Lee, di passaggio a Milano, lo ascolterà e poi lo inciderà in patria con il titolo I want to be wanted.

1961 – Patatina (Gianni Meccia-Wilma De Angelis)

Gianni Meccia, estroso cantautore ferrarese trasferitosi a Roma e scoperto da Domenico Modugno, debutta al Festival e propone un motivo che, sulla scia dei già noti Il barattolo e Il pullover, si basa su un oggetto della quotidianità per ricavarne un’accattivante storiella. Si tratta di Patatina, bissata da Wilma De Angelis e bocciata senza pietà dalle giurie. Tuttavia questo brano si rifà prontamente, conquistando i giovanissimi ed entrando nel repertorio delle canzoni specifiche per l’infanzia.

1964 – E se domani… (Fausto Cigliano-Gene Pitney)

Scritta dal grandissimo paroliere genovese Giorgio Calabrese e composta dal non meno illustre musicista romagnolo Carlo Alberto Rossi, E se domani viene cantata al Festival di Sanremo da Fausto Cigliano con la ripetizione dello statunitense Gene Pitney, ma non passa il turno. Tuttavia questa canzone è da tempo adocchiata da Mina, che le tenta tutte (anche di rovinare con un tagliacarte il tavolo dell’ufficio di Rossi) pur di inciderla. Ci riesce poco dopo e finalmente (e meritatamente) il brano decolla.

1966 – Il ragazzo della Via Gluck (Adriano Celentano-Trio Clan)

La sera di venerdì 28 gennaio, sul palco del Salone delle Feste del Casinò, Adriano Celentano, chitarra a 12 corde in mano, propone questa ballata che praticamente parla di sè, dell’infanzia e dell’adolescenza vissute in via Gluck a Milano quando vi erano prati e non palazzi, come sarebbe invece accaduto in seguito. Forse proprio per questo “affondo” di natura politico-sociale presente nel testo, l’artista milanese di origini foggiane non viene ammesso in finale, ma il pubblico è tutto dalla sua parte e il relativo disco vende più di quelli delle canzoni vincitrici.

1968 – La vita (Elio Gandolfi-Shirley Bassey)

Firmata da Tonino Amurri per il testo e da Bruno Canfora per la musica, è una canzone che viene interpretata dalla meteora Elio Gandolfi e soprattutto dalla brava artista britannica di colore Shirley Bassey. Quest’ultima chiede di cantare le strofe in inglese e solo il ritornello in italiano, lingua che conosce poco e male, e forse questo la penalizza, causando l’eliminazione del brano dalla gara. In seguito, riproponendola interamente in madrelingua con il titolo This is my life, Bassey ne farà uno dei suoi tanti cavalli di battaglia.

1970 – Io mi fermo qui (Donatello-Dik Dik)

Non ammessa in finale per una manciata di voti, Io mi fermo qui, canzone del piemontese Luigi Albertelli e del ligure di origine abruzzese Enrico Riccardi, riesce comunque ad affermarsi, soprattutto per merito di un bel ragazzo, il cantante-chitarrista Giuliano Iliani in arte Donatello, proveniente da Tortona come Albertelli e corteggiato dalle giovani ascoltatrici. Anche la seconda versione, eseguita dai milanesi Dik-Dik, ha un più che confortante successo di pubblico.

1973 – Vado via (Drupi)

Ancora una volta sono Luigi Albertelli ed Enrico Riccardi gli autori, per un brano che viene affidato all’esordiente pavese Giampiero Anelli in arte Drupi, dalla significativa voce roca, e che chiude all’ultimo posto la prima serata eliminatoria. Tuttavia al Casinò di Sanremo vi sono emissari di una casa discografica francese, i quali apprezzano la canzone e poi la pubblicano. Dalla Francia il brano varca la Manica e arriva in Inghilterra (nella versione in lingua della nostra Rita Pavone!), fino a conquistare il mondo intero. In Italia, colpevolmente, Vado via sfonda solo dopo mesi.

1982 – Una rosa blu (Michele Zarrillo)

Per quanto riguarda l’edizione del Festival di Sanremo di 40 anni fa, è necessario smentire l’informazione su Vado al massimo di Vasco Rossi, mai esclusa ma regolarmente eseguita in finale, pur se piazzatasi nella parte bassa della graduatoria. In quell’edizione ha una sorte peggiore (l’eliminazione dal gruppo delle Nuove Proposte) Una rosa blu di Michele Zarrillo. Il cantautore romano resterà per qualche anno fuori dal giro, ma quando la fama gli arriderà definitivamente, negli anni Novanta, rilancerà quel brano, che diventerà un classico del suo repertorio.

1983 – 1950 (Amedeo Minghi)

Da 17 anni sulle scene (il suo primo disco è del 1966), Amedeo Minghi nel 1983 gareggia tra le Nuove Proposte con una bellissima canzone dal titolo 1950, un ricordo della Roma della ricostruzione, ma non si qualifica e addirittura è il cantante meno votato in assoluto dal pubblico tramite le schedine Totip. Tuttavia il brano è molto programmato dalle radio, ma si dovrà aspettare il 1985, quando Gianni Morandi ne farà una versione personale, per decretarne il definitivo successo.

1985 – Donne (Zucchero & The Randy Jackson Band)

Arriva al penultimo posto della classifica finale, ma subito trionfa Donne, elegante reggae che Zucchero Fornaciari, accompagnato dalla Randy Jackson Band, presenta al Teatro Ariston nel 1985. Per Adelmo, al suo terzo Festival di Sanremo ma per la prima volta in un ruolo a lui più consono, è il primo vero grande successo.

1995 – Per amore (Flavia Astolfi)

Una certa Flavia Astolfi, già apprezzata corista, ci prova come solista e porta a Sanremo una suggestiva composizione di Mariella Nava, Per amore, che però passa inizialmente inosservata. Il brano però viene ben presto riproposto da Andrea Bocelli e trionfa ovunque.

1997 – Confusa e felice (Carmen Cònsoli)

Dopo essersi proposta all’Ariston l’anno prima, con esiti confortanti, in veste cantautorale, la “cantantessa” siculo-veneta Carmen Cònsoli esibisce nel 1997 la propria vena rock e si presenta in scena con chiodo e chitarra elettrica. La sua canzone, Confusa e felice, gioca armonicamente su alcune dissonanze, secondo lo stile di certi gruppi inglesi e nordamericani, ma per motivi misteriosi non passa il turno. Tuttavia il brano sfonda grazie ai passaggi radiotelevisivi, risultando secondo solo a Laura non c’è di Nek quanto a popolarità acquisita.

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