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Ad avercene di Vespasiano nelle amministrazioni comunali!

Organizzare una maratona a Napoli, in una tarda mattinata calda domenicale, quale la penultima d’ottobre, nel centro cittadino, paralizzando totalmente il traffico, vi sembra una spremuta di meningi venuta bene per far entrare un po’ di soldi nelle casse comunali?

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Certo le amministrazioni comunali in questo periodo, e non solo, stanno un po’ in difficoltà e poverine si arrovellano il cervello per far soldi. Le modalità che fuoriescono dai loro crani sono assolutamente lecite, per carità, tutte persone onestissime e d’onore siedono a Palazzo, ma non sempre tutto ciò che è consentito fare dalla legge in determinati momenti apporta giovamento all’intera comunità, e ci vuol poco dal passare da idee podistiche ad altre pedestri.

Vespasiano e vespasiani: questioni di maiuscole

Sono secoli che si accusa l’imperatore Vespasiano di aver messo una tassa sugli orinatoi pubblici, al punto che questi vengono oggi usualmente chiamati proprio col suo nome, anche se ormai divenuti oggetti d’antiquariato e rari. Ma si tratta di una diffamazione. La verità è che Vespasiano, avendo bisogno di far quadrare il bilancio con l’aiuto di qualche stangata tributaria, fece quello che oggi, quasi ad ogni svolta di stagione, fanno i nostri governanti: ricorse ad una nuova imposta indiretta e, dopo aver spremuto bene le meningi, se la prese con i detersivi.

Si proprio i detersivi, perché quelli dell’antichità romana non erano ancora perfezionati come ai nostri tempi in fustini di cartone compresso o in plastica. Per sgrassare i panni dei loro clienti i lavandai dell’epoca usavano con accorti dosaggi l’urina animale, il cui contenuto di nitrati serviva egregiamente allo scopo. Ma come procurarsi l’Omino bianco ante litteram necessario al loro volume di affari?

L’origine dei vespasiani

Semplice. I fullones, come li si chiamava, mettevano all’esterno delle loro botteghe tre o quattro grossi vasi di coccio e allettavano con ciò i viandanti a riempirli di loro buon grado, con la conseguenza di trarne un cospicuo guadagno. Fu su questo gratuito profitto che Vespasiano, con un lampo di genio, fece piovere l’imposta un tanto all’anfora. E l’obolo rimase, nonostante l’esitazione in verità un po’ snobistica di Tito, suo figlio, quando – ci ricorda lo storico Svetonio – prima disse che la cosa gli puzzava, ma alla fine approvò. Pecunia non olet. Se vogliamo, in questo storico esempio, la modalità unica e ingegnosa, seppur scurrile ma era di moda esserlo, per far entrare un po’ di sesterzi nelle casse non faceva male a nessuno, anzi ci guadagnavano un po’ tutti: Roma, i lavandai e coloro che avevano le vesciche deboli.

Napoli non è Atene: la maratona mobilita sì, ma paralizza anche

Ma organizzare una maratona a Napoli, in una tarda mattinata calda domenicale, quale la penultima d’ottobre, nel centro cittadino, paralizzando totalmente il traffico, vi sembra una spremuta di meningi venuta bene per far entrare un po’ di soldi nelle casse comunali? Siamo sicuri che poi è l’intera cittadinanza a trarre profitto o solo taluni personaggi che ostentano un falso amore verso lo sport pur di far lievitare il bilancio

Si saranno mai chiesti gli organizzatori perché le più grandi manifestazioni di tal genere vengono fatte a Boston, New York, Tokio, Londra, Parigi o sul percorso originario che fu dell’emerodromo Fidippide nel 490 a.C. che va dalla piana di Maratona ad Atene? Forse perché questi luoghi hanno una mappa topografica molto diversa da quella partenopea e più adatta a tali gare chilometriche; sono dotate di strade alternative pedonali e automobilistiche, parallele, di larghezze smisurate e di certo le loro amministrazioni sono organizzate alla perfezione per lo smistamento del traffico in un’ora di punta.

La lezione del Cazzaniga di De Crescenzo

Sappiamo bene che Napoli è una città particolare, con un’anima più viva e presente di tutti gli altri luoghi del mondo: sarà il fuoco del Vesuvio, misto alla brezza di mare del Castel dell’Ovo dipinta su una tela verde dei pini di Posillipo. Non lo so. Sono certo però che Partenope, ella proprio, reagisce riluttante a suo modo alle imposizioni che subisce dai suoi amministratori, come quella di essere calpestata di corsa da migliaia di puzzolenti scarpette di gomma e mutandoni sudati. Nel film di Luciano De Crescenzo Così parlò Bellavista il dottor Cazzaniga, manager milanese, si trova intrappolato a bordo di un taxi a Napoli in un gigantesco ingorgo che ha paralizzato completamente il traffico.

Il tassista gli spiega che non c’è niente da fare perché si è creato un ingorgo a croce uncinata. Tanto che spegne il motore, lascia la macchina nel traffico ed invita il passeggero a prendere un caffè al bar dove trovano anche il vigile urbano addetto a regolare il traffico dell’incrocio che sta prendendo pure lui un caffè, perché tanto, confida rassegnato all’allibito milanese, con gli ingorghi a croce uncinata non c’è niente da fare. Ebbene, voi non lo sapete, ma nel giorno in cui Cazzaniga salì sul taxi, Partenope aveva subito un sopruso dall’assessore al traffico! 

Amministrazioni egoiste in tempi avversi

Napoli ha tanto altro, molto di più di quanto si possa immaginare, tanto da far invidia alle più belle città del mondo, ma l’organizzazione per questi eventi, mal partoriti egoisticamente dall’illuminante amministrazione, non è nel suo Dna. Allora perché si fanno questi spettacoli pur sapendo certamente di non fare il bene di tutti, anzi di paralizzare l’intera città e migliaia di cittadini nel traffico mostruoso, tra clacson, urla, caldo e imprecazioni, a ricordare la scena del film Deep Impact?

Coloro che siedono e millantano amore verso la città rispondono che questi eventi vengono fatti per dar lustro, visibilità e soldi alla bella città. Napoli a costoro, guardandoli dalla sommità dell’Olimpo con un sorriso misto di pietà e disprezzo, risponde che non ha bisogno, per splendere nel mondo, di migliaia di mutande che invadono le sue strade. La sua ultra bimillenaria storia ha la forza di illuminare l’universo intero, foraggiando da sempre anche i suoi sfruttatori, e giammai il contrario.

Ad avercene di Vespasiano…

A proposito, Fidippide, povero disgraziato, come ci dice Luciano di Samosata, dopo aver comunicato la vittoria contro i persiani, morì per la fatica dell’impresa, avendo fatto di corsa, come un maratoneta, i famosi 42 km e 195 metri, uno in più uno in meno, nel rovente settembre greco! Non si preoccupassero i mutandofori, oggi perlomeno, non si corre più con l’armatura addosso; ma quelli che restano bloccati nel traffico rischiano, così come la tappezzeria dell’automobile… e pagherebbero aurei e sesterzi per avere a portata di pantalone quell’oggetto d’antiquariato dal nome imperiale. Ad avercene di Vespasianonotare assolutamente la maiuscola – nelle amministrazioni comunali dei giorni d’oggi!

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