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Il Rocci: un vocabolario ma anche un viaggio per l’antica Grecia

2.074 pagine, 4.148 colonne, 150mila parole per un viaggio indimenticabile

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Sempre caro mi fu quest’ermo Rocci

Un vocabolario – scriveva Anatole France – è l’universo per ordine alfabetico, il libro per eccellenza: tutti gli altri vi sono già dentro, basta tirarli fuori. Ho sempre avuto da ragazzo, come del resto dovrebbe essere per tutti gli studenti medi, la disposizione ad affezionarmi ai libri di studio scolastico, silenziosi e insostituibili maestri, perfetti nelle loro dimensioni ed esposizioni, testimoni dei nostri dubbi e poi del nostro apprendimento. Ci affezionavamo ai libri come ad amici e professori dai quali non c’era da aspettarsi mai un rimprovero, mai un cattivo voto, bensì aiuti e sogni.

Da moltissimi anni, forse da quando conseguii la maturità classica, aspettavo l’occasione di esprimere la mia gratitudine al Vocabolario greco-italiano del Rocci, mezzo di trasporto che mi ha permesso di viaggiare nel cosmo infinito dell’apollinea bellezza della letteratura greca, strumento di confidente e devota consultazione, compagna assidua del mio cammino culturale. Poco prima dell’inizio di ogni anno scolastico torna più che mai attuale un nome, che da quasi 90 anni gli studenti hanno associato non ad un essere umano, bensì ad un oggetto dall’aspetto vagamente minaccioso, tanto adorato quanto paventato. Una sorta di roccia levigata blu, un parallelepipedo docile che aspetta di essere sfogliato: Lorenzo Rocci, anzi il Rocci, il vocabolario di greco antico per antonomasia.

Lorenzo Rocci: il padre gesuita che resuscitò la lingua greca

Eppure il Rocci era un uomo in carne ed ossa, un padre gesuita nato nel 1864 a Fara in Sabina capace di portare a termine un’impresa colossale, quasi inconcepibile oggi nell’età internetica. Autore di un’opera poderosa e generosa verso alunni non sempre tanto edotti da risalire facilmente da un aoristo, un perfetto o aggettivo verbale alla forma del presente indicativo, ma desiderosi di entrare in un mondo sconfinato. A cavallo delle due guerre mondiali, lo studioso – raccontano i suoi discepoli – che in pieno agosto, seduto alla sua scrivania per non perdere la concentrazione, si dimenticava anche di togliersi il soprabito era padre Lorenzo Rocci. Foglietto per foglietto, parola per parola, appunto su appunto, ricercando e trascrivendo a mano lemmi e citazioni per 20 anni.

Oltre 2mila pagine, più di 4mila colonne e il significato di oltre 150mila parole

Dal 1920 sino alla prima edizione del 1939, consegnò alla cultura un capolavoro insuperabile e intramontabile di ben 2.074 pagine, 4.148 colonne, 150mila parole con relative traduzioni ed esempi, riuscendo a dare varietà di senso con cui ogni parola può essere utilizzata da chi davvero parlò quella lingua.

Resteranno per sempre nella mia memoria certe traduzioni affascinanti quanto arcaiche, come olezzo anziché profumo e su tutte, la traduzione di ποιέωio fo, alla toscana. Fino a quel momento non esisteva un vocabolario greco-italiano pensato nella nostra lingua. Circolavano solo traduzioni dal tedesco del Passow – il progenitore di tutti i vocabolari di greco, pubblicato dal lessicografo tedesco Franz Passow nel 1819 — e dall’inglese del Liddel-Scott-Jones, stampato a Oxford nel 1843. Il vocabolario di greco più usato nelle scuole, prima del Rocci, era quello redatto nel 1908 dal Wilhelm Gemoll, che faceva il paio con quello latino di Ernst Georges, tutti e due tradotti dal tedesco, ma severamente avaro di ogni aiuto nelle forme verbali e dialettali.

La sacra ed inconfondibile assenza del grassetto

La grafica del Rocci a dir la verità non aiutava molto, senza un lemma in grassetto che fosse uno, sicché tutto il greco sembrava dotato di un’unica parola spiegata in centinaia di leggerissimi fogli. Certo maneggiare un vocabolario non è mai stato cosa facile, ma c’è poco da fare. Che sia la poesia di Alceo e Teocrito oppure la prosa di Tucidide, la bellezza si paga cara: per coglierla, tocca affrontarlo. Per la gioia dei nuovi studenti, nel 2011 la Società Editrice Dante Alighieri, a cui l’illustre grecista sabino aveva affidato sin dagli esordi la pubblicazione del suo dizionario, ne rinnovava, nel pieno rispetto della fisionomia originaria, vesti grafiche e contenuti, introducendo il tanto ricercato grassetto a scandire lo scorrere indistinto dei lemmi.

Su Lorenzo Rocci: “Un uomo armato solo di schedine e appunti”

Ciononostante non cambierei mai il mio vecchio e “magro” Rocci, con uno nuovo e “grassottello”: troppe ore passate insieme diurne e notturne non possono essere tradite per qualche goccia di inchiostro in più. Per 50 anni, di fatto, c’è stato solo il Rocci, imperante tra i banchi delle aule di tutti i licei classici d’Italia. Soltanto nel 1995 con l’uscita di un nuovo dizionario, il Montanari, – noto anche come “GI”, edito dalla Loescher – è cominciato tra gli studenti un simpatico antagonismo, ma lo stesso autore Franco Montanari, grecista e filologo, dichiarò subito con grande onestà e devozione, sedando ogni dubbio: “Il debito verso Rocci è indiscutibile perché è stato il frutto del lavoro di un uomo armato solo di schedine e appunti e privo di un computer“.

Il vocabolario greco-italiano che ha ridato voce e colore al Mito

Nessuna lingua viva ha, né può avere un vocabolario che la contenga tutta, scriveva Leopardi nel suo Zibaldone, ma con il Rocci è accaduto un miracolo. È resuscitata nella scuola italiana una lingua morta. A volte tradurre da una lingua ad un’altra è come guardare gli arazzi dal rovescio: anche se si vedono le figure, sono piene di fili che le rendono confuse, venendo a mancare la levigatezza e la nitidezza del diritto, e di questo anche il Cervantes ne era certo. Al contrario, con l’aiuto di quel librone rilegato in pelle blu notte, siamo riusciti noi studenti e studiosi, su un foglio bianco, a discapito di qualche diottria, a far rivivere con brillanti colori le gesta di color che diedero vita, sia in versi che in prosa, alla sempiterna letteratura greca, non soltanto traducendola, ma entrando nei testi, vivendoli e sognando il mondo che essi rappresentavano.

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