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Paolo Borsellino, 30 anni dalla Strage di Via d’Amelio

30 anni fa la Strage di Via d’Amelio

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Paolo Borsellino Strage Via D'Amelio

Paolo Borsellino: 30 anni fa la strage di Via d’Amelio

Oggi, 19 luglio 2022, sono trascorsi esattamente 30 anni dalla strage di Via D’Amelio, dalla morte di Paolo Borsellino.

Il giorno dell’ingiustizia, il giorno dell’attentato terroristico e mafioso che aveva nel mirino il magistrato, morto insieme ai suoi 5 agenti di scorta. Nel giorno in cui ricorrono 30 anni dalla strage, ripercorriamo i momenti salienti di una delle ultime interviste rilasciate dal magistrato, 20 giorni prima di essere ucciso.

Paolo Borsellino, la risposta alla domanda: “Posso chiederle se si sente un sopravvissuto?”

Ci sono tante cose che potremmo dire o raccontare di Paolo Borsellino. Le interviste, le parole, il coraggio, la volontà di combattere con la vita contro la morte, contro la mafia. In occasione del 30esimo anniversario dalla Strage di Via D’Amelio, l’attentato in cui il magistrato è stato ucciso insieme alle sue guardie del corpo, riecheggiano alcune sue ultime parole. Parole rilasciate nel corso di un’intervista a Lamberto Sposini 20 giorni prima di morire. “Convinciamoci che siamo cadaveri che camminano“, queste le parole su cui si concerta Borsellino sul finale, parlando al giornalista che gli domanda se si sente un sopravvissuto in quella guerra che però ancora non era finita.

L’intervista di Sposini a Paolo Borsellino, 20 giorni dopo la Strage di Via d’Amelio

Parole pronunciate a Borsellino da Cassarà, poliziotto vittima a sua volta di Cosa Nostra. “La sua espressione potrei ripeterla ma non vorrei farlo in modo più ottimistico – continua il magistrato – Io accetto e ho sempre accettato il rischio e le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo in cui lo faccio. Lo accetto perché ho scelto questo lavoro e sapevo sin dall’inizio che avrei corso questi pericoli“.

Non permettiamo che queste parole di Paolo Borsellino conoscano la polvere, non permettiamo che il suo coraggio rimanga il ricordo intrappolato in una paginetta in un sussidiario scolastico.
Non arroghiamoci il diritto di dimenticare né di limitarci a ricordare, perché non è finita.

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