TV e SPETTACOLO
Musica e gioco, riflessioni filosofiche post FantaSanremo
L’EDITORIALE – Questo intrecciarsi di musica e gioco ha destato in me alcune riflessioni

Durante lโultimo Festival di Sanremo, un protagonista invisibile, una sorta di regia occulta, si รจ infiltrato: il FantaSanremo, un maestoso gioco di massa, una sfida a livelli. Con perplessitร , con curiositร , poi con sorpresa, in qualche caso con avido interesse, lo spettatore ha partecipato ai misteriosi fuori programma alla fine di ogni canzone: lโurlo indecifrabile โPapalina!โ, i saluti costanti a zia Mara (Venier), le flessioni ginniche sul palco e altri giochini. Questo intrecciarsi di musica e gioco ha destato in me alcune riflessioni.
FantaSanremo: ai minimi termini di un gioco che si tramuta in realtร , e viceversa
Tra i libri che non tramontano cโรจ lโHomo ludens dello storico olandese Johan Huizinga (1872-1945), pubblicato ad Amsterdam nel 1939 e, in traduzione italiana per merito di Einaudi, la prima volta nel 1946 e lโultima volta nel 1979 con un saggio introduttivo di Umberto Eco. A me, rileggendo in questi giorni il libro, รจ sembrato che Huizinga, nel ricercare tutte le manifestazioni in cui lโuomo gioca, dal divertimento infantile allo sport, allโarte, alla politica, alla guerra, finisse con voler ridurre tutta la vita a gioco, o piuttosto con il ribaltare la serietร nel gioco e il gioco nella serietร , secondo una vicenda in cui non si capisce piรน quale sia il dritto e quale il rovescio: come nellโenigmatica alternanza tra realtร e sogno in Calderรณn de la Barca, e come in quella piรน famosa e certamente ispiratrice dello Huizinga, tra saggezza e follia in Erasmo da Rotterdam.
Ma Umberto Eco ha rilevato che ad un certo punto Huizinga non ebbe il coraggio della coerenza per ridurre tutto a gioco (o di continuare, come penserei io, a rimescolare realtร e gioco in una perenne dialettica), e cosรฌ, “quando la realtร non gli appare nรฉ gentile nรฉ elegante, egli non puรฒ altro che rifiutarla e scoprire che, di fronte allโuniverso del gioco, si erge lโuniverso della ‘coscienza morale’. Allora la guerra di chi si vede assalito non รจ piรน gioco, รจ serietร fuori di ogni alternativa tollerante. I limiti tra gioco e serietร sono dati dal valore ‘oggettivo’ del diritto e delle leggi morali“.
Proprio come in Erasmo, in cui, alla fine, non puรฒ, non deve prevalere altro che la saggezza, tanto piรน che il discorso sulla follia si vanifica per il fatto che ad esprimerlo รจ la Follia stessa!
Giocare e suonare, la distinzione puramente italiana
Comunque sia, nella definizione data da Huizinga, per cui “gioco รจ unโazione volontaria entro limiti di spazio e di tempo volontariamente assunti, che impegna in maniera assoluta, ha un fine in se stessa, รจ accompagnata da un senso di tensione e di gioia e dalla coscienza di ‘essere diversa’ dalla ‘vita ordinaria’, talmente che la nozione comprenda ogni gioco, di animali, bambini, adulti, giochi dโabilitร , di forza, dโintelligenza, dโazzardo, rappresentazioni ed esecuzioni“, puรฒ rientrare a pieno diritto la musica. E qui ora si vuole rimeditare il rapporto tra il gioco e la musica per seguire le riflessioni che conducono allโinclusione dellโuna nellโaltro. Cominciamo col notare che il verbo greco paizein, tra i significati di giocare, scherzare, sollazzarsi, fare allโamore, cacciare, contiene anche quello di danzare e di divertirsi con il ballo e il canto, e ancora propriamente suonare, come si puรฒ verificare in un dizionario, e a riguardo dellโultimo significato, come risulta dall’Inno omerico ad Apollo, al verso 206. Lasciando stare per un momento la lingua greca, prestiamo attenzione al francese, al tedesco e allโinglese, in cui suonare si dice nรฉ piรน nรฉ meno che giocare: rispettivamente jouer, spielen, to play. Sorprende perรฒ il fatto che la lingua italiana sia forse lโunica a mantener distinti i verbi del giocare e del suonare.
In un certo senso lโuso italiano che distingue suonare da giocare, corrisponde al latino, in cui suonare si dice cร nere, con la determinazione o limitazione dello strumento; invece lรนdere, tra i suoi significati e le innumerevoli determinazioni in cui era usato non ne ha quasi nessuno che si possa rendere col suonare. Virgilio, nella prima Egloga, al verso 10, fa dire a Titiro: ipsum / ludere quae vellem calamo permisit agresti, dove parrebbe che il pastore non facesse cosa diversa dal suonare e precisamente suonare un agreste flauto (escluso quindi che possa significare “cantare”); ma i grammatici avvertono che quello di Titiro รจ un trastullo, e dunque non proprio suonare, bensรฌ comporre scherzando versi bucolici รจ la sua occupazione.
Si rimane perplessi di fronte a questa interpretazione; ma una cosa pare certa: che il suonare, o comporre o persino cantare, espressi con il verbo ludere, contengono lโidea dellโabilitร e del diletto nellโoperazione musicale, che รจ il presupposto di altri usi lessicali di lร da venire, per cui suonare per mezzo dโuno strumento sarร espresso, come si รจ visto, in Francia, in Germania, in Inghilterra e anche fuori dellโEuropa, con un verbo che vuol dire divertirsi, giocare con lo strumento al fine di cavarne un suono gradevole e dilettoso. Suonare per diletto proprio o per dilettare gli altri, sarร quindi jouer, spielen, to play. Lโoperazione seria della musica รจ, se mai, il โcomporreโ con intento professionale (non al modo di Titiro!): dal latino componere al francese composer, al tedesco componieren, allโinglese to compose, donde i rispettivi nomi dโazione.
In Italia, dove nessuno “gioca” con Beethoven
Pertanto, se non il comporre, certamente il suonare, il cantare, il fare insomma musica per puro diletto, รจ un gioco. Talvolta i poeti hanno chiamato giochi o bagattelle (nugae) le loro composizioni in versi; ma รจ regola che la musica, almeno quando la si esegue โ si tratti dโuna tarantella o di uno โscherzoโ o di una sonata di Beethoven o di una marcia funebre โ รจ cosa che fuori dโItalia on joue, man spielt, they play. Solo noi italiani suoniamo il piano, il violino e magari anche il tamburo e persino il campanello di casa; piรน solennemente si dice suonare un pezzo di musica, sottintendendo il mezzo, cioรจ lo strumento musicale; o si dice direttamente suonare Bach o Schumann per indicare ovviamente le loro opere. Solo in Italia, dunque, evitiamo il contrasto un poโ strano per vero, che sarebbe (come nella altre lingue) di giocare la Patetica di Beethoven o la Marcia funebre di Chopin o la Valse triste di Sibelius e altra simile musica dal titolo che poco si presta al gioco. La conclusione tende a connettersi con una concezione che vide primamente la musica come una tรฉchne, arte la cui utilitร รจ specificamente quella di procurare piacere. Nel Gorgia Platone oppone arti come la medicina, il cui fine รจ far guarire i malati, e altre arti il cui fine รจ il piacere perseguito in modo illogico e irriflessivo: e sembra che la musica appartenga alla seconda categoria. Nel corso del dialogo Socrate interviene a sottolineare: “Non ti sembra, Callicle, che la tecnica del flauto ricerchi soltanto il nostro piacere senza curarsi di altro?“. Si tratta, in sostanza, sempre della condanna platonica dellโarte. Del resto รจ noto che nel Fedone si afferma che la vera musica รจ la filosofia.
Dalla condanna particolare della musica, cioรจ dalla convinzione che il suo fine sia giocoso e voluttuario, doveva perpetuarsi, nella pratica oltre che nella teoria, lโavversione piรน o meno espressa che verso di essa nutrono non soltanto persone di scarsa sensibilitร di animo, ma anche pensatori e altra gente di cultura. Nel migliore dei casi, quelli che rispettano la musica ma non la amano o non la tollerano specialmente quando hanno qualcosa di serio da fare, la considerano sempre (come giร non pochi filosofi) unโarte di livello diverso e inferiore rispetto ad arti considerate invece piรน alte, come poesia, pittura e scultura. Il caso piรน famoso di un filosofo avverso alla musica รจ quello di Kant, il quale, avendo classificato gerarchicamente le arti, assegnava alla musica lโultimo posto in quanto “arte del gioco delle sensazioni“, dopo lโarte parlante e le arti figurative. Chissร cosa avrebbe pensato il filosofo di Kรถnigsberg, non solo ascoltando le canzoni sanremesi, ma sciroppandosi anche le flessioni di Amadeus e Rkomi.
