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MUSICA

Gianni Morandi, 77 anni ma non li dimostra: l’eterno ragazzo che amava Claudio Villa

Da Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte ad una nuova sfida sul palco dell’Ariston

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Gianni Morandi carriera e successi

Gianni Morandi, le biografie parlano chiaro: in un gelido e nevoso mattino di un lunedì prenatalizio di guerra, l’11 dicembre del 1944, nel paesino appenninico di Monghidoro (già Scaricalàsino), provincia di Bologna, veniva al mondo Gian Luigi Morandi, primogenito della giovane coppia costituita dal calzolaio Renato e dalla casalinga Clara, destinato a diventare uno tra i cantanti italiani di musica leggera di più duratura fama, anche internazionale. Artista versatile e completo, in 60 anni e passa di carriera ha fatto davvero di tutto: il cantante, il musicista, l’attore cinematografico e teatrale, il conduttore televisivo, il maratoneta, il calciatore, il direttore artistico di un paio di Festival di Sanremo (e nel 2022, di nuovo in gara come concorrente). Malgrado tutto ciò, è rimasto fedele al temperamento di uomo semplice, intelligente e schietto, aperto ad un costante dialogo spontaneo con i suoi ammiratori, senza calare l’assurda cortina di ferro di quell’ostentato divismo di cui al giorno d’oggi peccano anche i giovani canzonettisti freschi di vittoria pure al più scalcinato concorso televisivo per voci nuove

Dalle “Case del Popolo” dell’Emilia-Romagna al Festival di Sanremo 2022: la lunga strada del successo di Gianni Morandi

Il lavoro d’artigiano assieme al padre, le letture obbligatorie del Capitale di Karl Marx e la vendita di noccioline, gelati e dissetanti nel cinematografo del paesello tra un tempo e l’altro del film non distolgono certo l’adolescente Gian Luigi (che in casa chiamano Gianni) dalla sua vera passione, quella del canto. Claudio Villa è il suo interprete preferito; con la chitarra e con la batteria si esercita per far andare a tempo e a tono la propria voce, seguendo le istruzioni della Maestra Scaglioni, insegnante di musica dalla quale il ragazzo prende lezioni. Poi, nella primavera del 1958, a poco più di 13 anni, la prima esibizione presso la “Casa del Popolo” (ossia un circolo ricreativo per operai) di Alfonsine, ed è proprio dal paese natio del poeta Vincenzo Monti che incomincia il lungo percorso sulla via del successo di Gianni Morandi.

L’anno di Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte

Nel 1961, su iniziativa del pugile Lionetti, il ragazzo si reca a Roma e fa un provino con la RCA Victor italiana. L’esito sembra incerto, ma accade che Tony Dori, cantante italiano emigrato in Germania, mandi al paroliere e produttore Franco Migliacci un brano intitolato Andavo a cento all’ora, certamente adatto alla voce ancora acerba di un giovanottello. Così Morandi viene convocato nuovamente a Roma e, accompagnato da un piccolo complesso diretto da Ennio Morricone, incide il motivo, abbinandolo a una struggente canzone d’amore dal titolo Loredana. Esce così il primo disco: è il maggio del 1962, ma il botto si ha in novembre con un buffo twist musicato da Luis Bacalov, Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte.

Gianni Morandi, 1970: il decennio buio

Morandi presenta il brano nel gennaio seguente a Studio Uno, il varietà televisivo di Antonello Falqui e Guido Sacerdote… e fioccano le ristampe del 45 giri, visto l’alto numero di richieste dei giovani ascoltatori. Dopo un 1963 passato a sperimentare diversi tipi di canzoni, è dalla vittoria al Cantagiro 1964 con In ginocchio da te che il successo del ragazzo emiliano diventa inarrestabile. Le sue “romanze moderne” mettono d’accordo tutti e anche gli sconfinamenti nella “protesta” con C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones (1966) e nella ballata pop con Un mondo d’amore (1967, sigla della rubrica televisiva Giovani) vengono accolti bene. Tutto procede alla grande fino al 1970: poi inizia un decennio buio in cui Morandi, oltre a diplomarsi in contrabbasso al Conservatorio, fa anche molta televisione per proporsi diversamente al pubblico. Saranno Mogol e l’oggi compianto cantautore romano Aldo Donati a mettere la parola fine a questa crisi, offrendo all’artista un bellissimo brano dal titolo Canzoni stonate: da quel momento l’ex-ragazzo di Monghidoro riprende la strada che lo riporta ben presto ai fasti di un tempo. Pure il pubblico straniero che lo aveva apprezzato negli anni Sessanta (parliamo in particolare della Spagna, dell’America Latina, della Germania e della Francia) ritrova quel cantante italiano alto, bello e aitante, ma ormai foriero di una maturità artistica e di una classe davvero uniche.

Gianni Morandi: oggi e domani

Anche il 2021 si sta chiudendo positivamente per Morandi sotto il profilo artistico: merito dei risultati davvero efficaci ottenuti grazie alla felice collaborazione con Lorenzo Jovanotti Cherubini. L’ex-rapper di Cortona ha infatti regalato al cantante emiliano (che, sia detto per inciso, da molti anni ormai si fregia del titolo di Commendatore della Repubblica) L’allegria, uno dei “tormentoni” di un’estate canora italiana, la scorsa, che ha segnato la riscossa della “vecchia guardia” dei nostri interpreti, messi simpaticamente a confronto diretto con i giovani beniamini del rap e della trap. Visto l’esito confortante di questa prima collaborazione e sapendo bene Morandi, da buon sportivo, che “squadra che vince non si tocca”, Jovanotti ha già preparato la canzone che l’eterno ragazzo ormai 77enne intonerà al Teatro Ariston di Sanremo ai primi di febbraio, in occasione del 72° Festival della Canzone Italiana: per l’artista di Monghidoro sarà la settima partecipazione in cinquant’anni (la prima fu nel 1972, quando ancora la manifestazione si teneva al Casinò della città rivierasca, con la mediocre Vado a lavorare, subito parodiata in un Carosello pubblicitario TV da Alighiero Noschese, perfetto imitatore di Morandi, come “Vado a riposare“), senza contare le edizioni 2011 e 2012 di cui egli fu presentatore e direttore artistico e che espressero qualche brano interessante e di successo. C’è chi lo indica tra i favoriti, ma sicuramente egli sarà un “osservato speciale”. Ad ogni modo, ai posteri l’ardua sentenza.

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